L'isola

  "NON SARA' UNA DEMENZA?"

riconoscere e identificare i disturbi cognitivi e comportamentali negli ultra50enni

cent anni di solitudineNon è vero che le persone smettono di sognare perché diventano vecchie, diventano vecchie perché smettono di inseguire i sogni (Gabriel Garcia Marquez)
Questa bellissima frase dello scrittore sudamericano mi dà lo spunto per parlare di letteratura e Alzheimer, iniziando proprio da quello che è considerato il capolavoro di Marquez, Cent’anni di solitudine, che vorrei presentare qui in una prospettiva insolita.

Con il suo realismo magico, il romanzo intreccia diversi miti e leggende locali con la storia della famiglia Buendia nella Colombia moderna. Ma il romanzo è anche altro: si parla della malattia dell’insonnia, che cancella i ricordi, e della dimenticanza collettiva, emblematica di un’America Latina che non ricorda più il suo passato. In tutto ciò è possibile leggere una manifestazione della malattia di Alzheimer, patologia molto frequente nella famiglia di Marquez.
Al di là di questa lettura, comunque parziale, dell’opera di Marquez, non è facile trovare romanzi che affrontino direttamente il tema della malattia di Alzheimer. Senza ambizioni di esaustività, vorrei parlare di alcuni libri che ho letto recentemente – libri che trattano tematiche ben note a chi vive con il paziente affetto da Alzheimer e a chi soffre di tale malattia.

 

Alzheimer mon amourAlzheimer mon amour, libro di Cecile Huguenin. Storia autobiografica, dove Cecile – una psicologa – si trova ad affrontare la malattia (Demenza a Corpi di Levy) del marito; accecata dall’eccesso d’amore si troverà a negarla e scoprirà la sensazione comune a molti caregiver di non vivere più “per sé”, ma unicamente per il familiare. Alla fine di un lungo e difficile percorso, sarà costretta ad affidare il compagno a chi “sa gestire la malattia”.

 

Altri scrittori partendo da vicende personali hanno scritto storie dedicate all’Alzheimer, le cui protagoniste sono quasi sempre donne. Ricordo infatti che la prevalenza di questa malattia è maggiore nel sesso femminile.

 

 

Ricordi di mia madreIn Ricordi di mia madre, Inoue Yasushi traccia con pudore il declino cognitivo della madre, spiegandoci come la donna “avesse incominciato a cancellare a ritroso, con una gomma, la lunga linea della vita”. Ecco un altro brano toccante: “nell’occhio della mente si rifletteva l’immagine di mia madre. Mentre camminava a notte fonda, sotto i raggi della luna, alla ricerca del suo bambino. L’occhio della mia mente contemplava anche un altro dipinto, in cui io, che avevo oltrepassato la sessantina, percorrevo la stessa strada alla ricerca di una madre ottatacinquenne”.

 

 

 

 

PerdutamenteMeno poetico, talvolta ironico, ma molto realistico è il libro Perdutamente di Flavio Pagano, che coglie le difficoltà della famiglia del malato, fra invalidità civili non assegnate e latitanza dello stato, in una saga familiare che sarebbe piaciuta ai De Filippo. Nelle prime pagine del libro l’anziana signora si perde alla stazione di Napoli con una misteriosa lettera in tasca. I figli e nipoti faranno di tutto per assecondarla nel suo progetto di incontrare San Gennaro, e la lettera si rivelerà un grande atto d’amore della vecchia madre!
In modo più o meno intenso il mondo dei vecchi è una sorta di trasloco nel passato, il luogo della memoria. Ma cosa succede quando la malattia di Alzheimer cambia i piani temporali, cancella le inibizioni, cambia le regole della logica e della coerenza? Emil Cioran definì la malattia come “l’immensa umiliazione legata al fatto di languire nei paraggi della morte”.

 

Ricordi di mia madre e Perdutamente mostrano come la malattia possa rovesciare il normale rapporto tra genitori e figli, mettendo i secondi nei panni di madri e/o padri dei loro genitori. O saranno “sempre figli”?

 

Salvarsi con una fiabaInfine, vediamo come la letteratura si possa prestare a un uso terapeutico. Secondo la neuropsicologa Emanuela Pasin, la perdita di neuroni – soprattutto nella sostanza grigia – sembra potenziare le abilità della sostanza bianca, legata alle funzioni istintive, primordiali. Partendo da questa idea la Pasin ha sviluppato una tecnica testata sui malati di Alzheimer, che si basa sulla terapia simbolica integrata, ovvero sull’ascolto, lettura o anche scrittura di testi e in particolare di fiabe. Il lato emotivo, l’alta valenza simbolica della fiaba farebbe rafforzare – per associazione – informazioni immagazzinate nella memoria. Gli effetti della terapia secondo la studiosa creerebbero maggiore serenità, riduzione della rabbia e della aggressività, migliorando la qualità della vita nelle fasi iniziali della malattia.

 

Lucia Benini

 

a cura di Lucia Benini

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